MI INSEGNI A SCRIVERE? Didattica e formazione nelle strategie di insegnamento

Pubblicato il da Nuccio Salis

MI INSEGNI A SCRIVERE? Didattica e formazione nelle strategie di insegnamento

“Non so cosa scrivere!” Quante volte abbiamo sentito pronunciare questa frase, sostenuta per giunta da un tono lagnoso e sconfortato, da un/una bambino/a o un/una ragazzino/a chiamati alla composizione di un testo.

Sperimentare questo tipo di angoscia, nota come ‘ansia da foglio bianco’, si rivela spesso un’esperienza frustrante e purtroppo ricorrente nella vita scolastica di uno studente. La sensazione percepita da noi adulti è che l’allievo/a non abbia sviluppato a sufficienza idee e concetti per poter ottemperare con fluidità al compito richiesto. Di frequente, sono però gli stessi studenti a dichiarare di possedere almeno delle ipotesi di base dalle quali partire, e di avere anche le conoscenze adeguate per articolare la richiesta e rispettare la consegna in modo esaustivo e soddisfacente.

Allora perché non si riesce nemmeno ad abbozzare due righe preliminari, che faranno poi da guida e da faro per la stesura successiva più approfondita? Cosa impedisce, di fatto, a uno studente non certo sofferente in qualche area problematica dell’apprendimento a redigere un testo ben strutturato, corposo, fluido e godibile in lettura?

La spiegazione di tale fenomeno, per quanto lo si debba sempre osservare in funzione di un’ottica multifattoriale, è spesso da imputare anche stavolta ad uno scarso equipaggiamento di tecniche e strategie adatte ad ordinare le idee elaborate, e di conseguenza organizzarle all’interno di schemi ordinati e sequenziali; cioè ascrivendone la giusta collocazione dentro una rete concettuale più o meno complessa, dentro cui imparare a muoversi comunque agilmente.

Lo scopo emergente rimane nell’impegno di condurre il soggetto interessato all’autonomia strumentale, in merito allo sviluppo di una personale attrezzatura opzionale che gli permetta di affrontare tali processi con il minimo della faticabilità e il massimo del rendimento, verificando soprattutto come tale esperienza possa rivelarsi piacevole e motivante.

Il blocco nell’iniziare la redazione di un testo, difatti, è saldamente congiunto alla sensazione di non farcela e di essere inadeguati rispetto alla prestazione richiesta. Un sentimento inappagante di frustrazione e disagio misto a una mancanza di percezione di autoefficacia, genera il classico stallo che da l’impressione di essersi arenati avendo per giunta perduto l’orientamento.

Il primo approccio consisterà pertanto nell’affiancare lo studente proponendogli di mobilitare le sue risorse personali con efficacia, gestendo e bandendo la frustrazione, in quanto condizione invalidante che produce soltanto paralisi e rassegnazione. Con l’ausilio di qualche suggerimento strategico, lo studente viene incoraggiato a poter contare su un possibile percorso mediante cui affrontare la richiesta in condizione di efficienza, identificando e rimuovendo da sé gli ostacoli che si presentano. Quel che lo studente dovrà anzitutto imparare a comprendere è che la sua è una ‘difficoltà percepita’, ovvero può essere prima di tutto invitato a riflettere su come il compito non è oggettivamente difficile o universalmente improponibile. Spetta principalmente allo studente medesimo misurarne il gradiente di fattibilità, in relazione al suo livello quantitativo e qualitativo di strumenti posseduti nel proprio bagaglio personale. Questa nuova chiave di lettura aiuta lo studente a ridimensionare l’apparente eccessiva difficoltà domandata dal compito, cominciando così un interessante ed essenziale lavoro di elaborazione sofisticata che attiene ai processi metacognitivi, e quindi egli ricorrerà ad una forma di attività mentale in grado di monitorare la qualità e l’efficienza delle sue procedure di ragionamento.

Se lo studente impara a conoscere se stesso soprattutto in questi termini, forse smetterà di sentirsi smarrito e allo sbando di fronte all’aspettativa di una prestazione che non sa come affrontare, perché potrà contare su un repertorio di ipotesi di fronteggiamento e su un ventaglio di percorsi possibili di cui può prevederne il risultato e comunque viverne il processo, con un certo margine di sicurezza che dapprima non aveva. Sapere cosa fare rende più coraggiosi, e fa superare quel guado fatto di disfattismo e di disorientamento, rendendo peraltro l’esperienza dello scrivere anche come una nuova scoperta legata anche al piacere di comunicare e di esprimersi.

Quali consigli, però, a questo punto, dovremmo concretamente indirizzare allo studente, affinché ne faccia tesoro e li applichi quando se ne presenta l’utilità e l’occasione?

Personalmente parto sempre dal presupposto che tutti sviluppiamo delle idee. La piattaforma rudimentale di un’idea ha a che fare con la suggestione primaria che l’ha suscitata. In altre parole, tutti noi ricaviamo quantomeno un’impressione, di fronte a un evento che colpisce la nostra attenzione e attiva un sistema di risposte, siano esse reazioni istintuali oppure atti maggiormente soggetti a controllo e pianificazione. L’effetto successivo è la generazione di un’idea, come risultante complessa di altri piccoli atomi di idee che si raggruppano, e che a loro volta saranno state ricavate da progredite elaborazioni alla cui base vi sono sempre sensazioni registrate dalle sollecitazioni ambientali.

Si potrà pertanto affermare che nessun organismo è sprovvisto di idee. Dal momento che si tende per natura all’adattamento e al ricompattamento omeodinamico delle nostre strutture, la mente progredisce e produce inevitabilmente idee, concetti e pensieri.

Alla mente non bisogna insegnare a pensare, dal momento che tutte le circostanze ambientali la conducono ad essere responsiva e ri-costruttiva nel suo rapporto interdipendente e dinamico con il contesto. La mente, dal momento stesso in cui esiste e si può nominare, vuol dire che è già entità pensante. Il problema diventa allora come educarla per ottimizzare questa sua naturale inclinazione.

Proviamo dunque a fornire lo studente di un contenitore di risorse da cui attingere per fronteggiare il compito richiesto.

Intanto è necessario leggere attentamente l’enunciato di un testo, specie se è elaborato o molto specifico, per poter intercettare correttamente il focus di lavoro tematico. Quante volte, una buona produzione testuale è risultata fuori tema, invalidando la prestazione e mancando l’occasione di ottenere un buona valutazione. Per non perdere l’opportunità di registrare un buon profitto, bisognerà dunque attenersi alla richiesta. Quindi, prima di scrivere bene bisognerà altrettanto leggere bene. Comprendere senza equivoci la domanda esplicitata dal tema. Questo il primo passo necessario.

Dopodiché, sarà possibile utilizzare l’espediente della produzione narrativa creativa atto a stimolare un rovesciamento della routinarietà conosciuta. Si tratta di inserire una carrellata di idee ed immagini in seguito all’ipotesi “What if…”, ovvero cosa succederebbe se… il mondo come lo conosco a un certo punto non fosse più lo stesso, partendo dagli eventi quotidiani che si succedono con regolarità. Se le convenzioni condivise cambiassero, se gli amici diventassero nemici e viceversa, se la fantasia compenetrasse la realtà e questa facesse altrettanto con la prima.

Ciò diventa immediatamente applicabile anche al contenuto tematico da affrontare, con il vantaggio di ottenere nuove ipotesi e inedite visioni in merito all’approccio noto al problema. La mente, per poter sprigionare idee e liberarsi dall’imbarazzo e dalla prigionia dello stallo iniziale, deve essere svincolata dal tabù di pensare soltanto a cose possibili, esistenti ed esclusivamente attinenti al tema. Questo è certamente il suo compito finale, ma non può farlo da subito, perché non è nella sua natura. La mente si nutre della libertà dell’immaginazione, e vive di sogni, di fantasie, di ipotesi future, e lo fa perché è stata programmata proprio per questo, perché la sua tensione generatrice non può essere imbrigliata.

Come è possibile non sapere cosa scrivere, non avere un’idea, dal momento stesso in cui si ha in dotazione un “giocattolo” straordinario come la propria mente?

Quindi, all’inizio, diamo alla mente la possibilità di fare il suo lavoro, quello per cui è portata, e ciò non ci richiederà degli sforzi. Ricostituiamo l’opzione di pensare l’impossibile, il paradossale, l’assurdo, il grottesco. Il modello insegnativo anacronistico della scuola tradizionale e la cultura dominante separano dalla mente ciò che è già unito: la dimensione onirico-emotiva e della fantasia con quella del calcolo, del ragionamento e della decodifica segnica.

Al bambino viene insegnato cosa sia reale e cosa no, da un adulto che vive perennemente nell’illusione, nell’inganno percettivo dei sensi, dai quali non capta che un piccolissimo e infinitesimale frammento di ciò che chiama realtà. Però si permette di indottrinare un bambino ad aderire a quella sua stessa visione, obbligandolo ad una versione unilaterale del mondo, ad un solo sguardo verso un orizzonte ripetitivo e finito.

Ecco allora che proprio la produzione di un testo potrà essere colta come occasione per ricominciare a pensare dall’emisfero destro. Sentire, percepire, rivoltare la realtà nota ed i suoi paradigmi consolidati. In un successivo step, l’emisfero sinistro potrà collaborare a filtrare quelle idee, selezionarle, organizzarle e strutturarle secondo le linee guida presentate dal tema.

Il fatto è che la mente dovrà essere elasticizzata prima di poter compiere operazioni appropriate di analisi-sintesi e processi logico-deduttivi. Un po’ come il pianista che si scrocchia le nocche e le falangi prima di eseguire una suonata. Prima si scioglie lo strumento.

Si può poi proseguire secondo un interessante procedura di auto-confutazione, ovvero sviluppando anche un’antitesi rispetto alla propria tesi. Ciò arricchisce ulteriormente un tema non soltanto dal punto di vista dei contenuti, ma lo rende decisamente presentabile e di elevata qualità, perché può esserne apprezzata la maturità con cui si manifesta la propensione al dibattito, allo scambio e al confronto costruttivo, con la prospettiva eventuale di modificare e ridimensionare le proprie idee di partenza. Così facendo si descrive un atteggiamento che ai fatti risulta agevole proprio per far crescere ulteriormente quella stessa mente che sta elaborando il testo. È importante dunque trovare tesi contrarie altrettanto convincenti, attribuibili a fonti autorevoli, quindi sollecitando un lavoro di ricerca e reperimento materiale, che offre sempre spunti molto graditi per la stesura efficace e convincente di un testo.

Si possono proporre versioni alternative anche ricercando volutamente la provocazione, il rovesciamento di ciò che è già noto, adducendo possibili esempi, giustificando e sostenendo il proprio punto di vista e legittimando le proprie convinzioni corredandole anche da prove e argomentazioni documentate.

Il tutto verrà poi sintetizzato imparando così anche a riconoscere il legame strutturale fra i passaggi ed i punti più salienti.

In conclusione mi sento di affermare e di ribadire la necessità di un ripristino della sincronicità funzionale fra emisfero destro ed emisfero sinistro. È mia convinzione che la situazione di blocco iniziale sia dovuta ad una richiesta del compito rivolta esclusivamente ad una parte di noi, quella privilegiata dalla cultura dominante ed addestrata a scuola mediante premi e rinforzi, a discapito della fonte primigenia che costituisce la forza sorgiva e prorompente della mente.

Restituiamo ai bambini il diritto di immaginare, di seguire quel principio macro-cosmico secondo cui dal Caos si rigenera l’Ordine, perché sembra che questo si rifletta anche nell’esperienza del piccolo studente, nel suo rapporto col mondo delle idee e della produzione scrittoria.

Nuccio Salis

(Pedagogista Clinico, Counselor Socio-Educativo, Educatore Professionale adh, Formatore Analitico-Transazionale)

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