EDUCAZIONE PARENTALE E UNSCHOOLING. "Perchè istruiamo nostra figlia a casa"

Pubblicato il da Nuccio Salis

PREMESSA

 

Da qualche tempo a questa parte, con previsione di crescente interesse, aumenta il numero di genitori che decidono di propendere per l’educazione parentale (espressione tradotta dai termini originari homeschooling e unschooling). Si tratta di nuclei famigliari che preferiscono adottare percorsi di istruzione alternativi a quelli istituzionali formali, e quindi di occuparsi responsabilmente dell’esperienza di apprendimento dei figli, cogliendo le numerose occasioni accidentali offerte dalle dinamiche della vita quotidiana.

 

Cominciamo con una certezza giuridica. Istruire ed educare i propri figli è compito privilegiato dei genitori, come sancito dall’articolo 30 della Costituzione della Repubblica Italiana, il quale declama testualmente:

 

E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.

Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti

 

Pertanto, in tutta legittimità, la Carta Costituzionale riconosce e da la precedenza al nucleo famigliare nell’assunzione del compito non solo educativo ma anche propriamente legato all’istruzione della prole.

E’ bene allora precisare che ad essere obbligatoria è l’istruzione, e non la frequentazione scolastica, come comunemente è percepito, e quindi il percorso di apprendimento di un bambino può essere regolato a seconda del contesto che si ritiene più appropriato e confacente ai bisogni, alle richieste culturali e alle (uniche e peculiari) caratteristiche del bambino stesso.

L’educazione parentale non si contrappone all’idea o all’esistenza dell’istituzione scolastica atta ad istruire. Essa si presenta come alternativa e come possibilità di realizzare itinerari formativi ispirati ad un principio di olismo, autonomia, specificità identitaria e contestuale, attitudine critica, libertà e sviluppo creativo. Requisiti che evidentemente non vengono pienamente soddisfatti o considerati non sufficientemente raggiungibili se affidati agli insegnamenti tradizionali.

 

E’ necessario guardare con attenzione e suprema curiosità al fenomeno, dedicandovi un sobrio e costruttivo interesse di ricerca pedagogica-scientifica, dal momento che si tratta di un accattivante oggetto di studio, legato a una sua crescente diffusione.

 

Da professionista del campo educativo devo però tristemente constatare la sconcertante superficialità con cui si affronta il tema, spesso purtroppo espressa perfino da certi colleghi e altri addetti ai lavori, che derubricano il fatto con avvilente pregiudizio e sprezzante pressapochismo e con evidenti reazioni di pancia, perdendo l’occasione di compiere un’accurata analisi descrittiva e un’esatta comprensione del fenomeno da poter spiegare, condividere e dibattere col pubblico in tutta serenità.

 

Per mia fortuna, in questo mio percorso di curiosa ricerca ho incontrato dal vivo Maura, che mi ha aiutato a comprendere molto meglio la questione in oggetto.

Proprio grazie alla sua gentile disponibilità di mamma col cui marito ha concordato di provvedere all’educazione parentale, ha preso forma questa intervista, che rivolgo alla cortese attenzione del pubblico interessato.

Alle mie domande, seguono le puntuali ed esaustive risposte di Maura, verso le quali invito a prendere visione.

 

INTERVISTA

 

D: - Buongiorno Maura. Intanto grazie per esporti su questo tema ed aver accettato di parlarcene, nonostante sia appunto ancora prestato a troppi equivoci, preconcetti e fraintendimenti. La tua viva testimonianza è una risorsa preziosa per aiutarci a comprendere il valore di questa esperienza nella vita famigliare di un unschooler. In questo caso di tua figlia, di anni 6, che chiameremo Federica.

Cosa ha convinto te e il tuo partner a scegliere per la vostra bambina il percorso di educazione parentale?

 

Buongiorno a te. Diciamo che per noi è stata la naturale prosecuzione delle scelte precedenti. Fin dalla sua nascita, infatti, abbiamo deciso di non delegare ad altri il ruolo genitoriale. Questo naturalmente non significa che viviamo isolati dal contesto sociale o che nostra figlia non abbia altri esempi di  adulti dai quali attingere insegnamenti, ma tali 'delegati' lo sono solo per competenze specifiche (insegnanti di musica, di disegno o altro) e al massimo per un'ora durante la giornata. Questo perché siamo ben consapevoli di non saper fare tutto e che è bello offrire altri esempi di insegnanti ai figli, laddove siano accertate le loro qualità professionali ed umane. Non abbiamo voluto però che la sua vera e propria crescita fosse affidata ad altri. E questo è inevitabile quando un bambino passa la maggior parte del suo tempo con persone diverse dalla madre e dal padre. L'essere umano ha bisogno di molto tempo per diventare adulto, e il contesto giusto per farlo è quello familiare, come per ogni altro essere in natura.“

 

D: - Cosa non vi convince dell’istituzione scuola  e cosa vi aspettate dall’EP?

 

“Purtroppo gli aspetti che non ci convincono sono molti, e posizionati ai diversi livelli dell'istruzione pubblica. Diciamo che immaginando la scuola come una piramide nella cui cima c'è il ministero, a seguire i dirigenti didattici, gli insegnanti e alla base le strutture, possiamo dire senza timore di sbagliare che non c'è uno solo di questi gradini che sia esente da falle enormi.

Le linee guida sono sempre più blande e orientate sistematicamente verso il basso. La pedagogia è a dir poco inesistente, vige ancora il sistema della carota e del bastone, del buono e cattivo voto; e paradossalmente in contemporanea le bocciature sono limitate perché si deve mostrare all'Europa che anche noi siamo bravi. Il tempo è sempre più pieno e i contenuti sempre più vuoti. Le classi-pollaio, il cibo spazzatura, l'omologazione ad ogni costo. Tutto questo non fa per noi. Siamo consapevoli, poiché la scuola la viviamo anche dall'interno, che c'è ancora personale competente, tra i presidi e gli insegnanti, uno zoccolo duro che fa quel che può, ma ormai ‘c'è troppo marcio in Danimarca’.

Grazie all'EP godiamo del tempo e del piacere di imparare insieme. Io poi sono sempre stata convinta del fatto che dovrebbero essere gli adulti a studiare, e i giovanissimi a divertirsi e giocare. Invece siamo diventati un popolo senza memoria e con un forte analfabetismo di ritorno”

 

 

D: - Come intendi pianificare il tuo intervento dal punto di vista dell’apprendimento sia didattico che propriamente educativo?

 

“Questa domanda meriterebbe un volume a sé! Abbiamo scelto di fare unschooling, ovvero di non simulare una scuola a casa ma di seguire l'apprendimento spontaneo di nostra figlia.

Le linee guida ministeriali sono molto prolifiche a mio avviso, per quanto riguarda il programma di italiano, ma molto meno sugli altri argomenti. Nostra figlia è molto curiosa, ama molto l'anatomia, e da mesi leggiamo tutti i volumi per bambini che troviamo sull'argomento, ha deciso di iniziare a scrivere le lettere in corsivo, quando esprime una curiosità ‘cogliamo l'attimo’. In genere l'attenzione dura circa una mezzora, che però, essendo fatta con passione, è molto proficua. L'anno prossimo comunque sosterremo il primo esame, nella scuola di pertinenza, con la speranza di essere accolte con rispetto e interesse, e poi si vedrà.

Dal punto di vista educativo... più che intervenire imparo!

 

 

D: - E’ noto che l’obiezione automatica e più immediata riguardi la preoccupazione che il bambino non socializzi. L’idea più comune è che venga sottratto al bambino un importante spazio di confronto con altri da sé, privandolo di preziose occasioni di crescita e maturità sotto il profilo relazionale. Vi risulta tutto ciò?

 

“Quello della socializzazione è il tema a mio parere più sfruttato come dissuasore. Naturalmente è un'assurdità. La socializzazione inizia con la nascita, non attende certo l'età scolare. Tu stesso sapresti citarmi decine di psicologi e pedagogisti dell'età evolutiva che hanno scritto in tutti i modi che il bambino che costruisce le sue relazioni, nei primi anni si volta sempre indietro a verificare la presenza della mamma, che anche con il suo non-intervento, fa capire al bambino che può stare sereno, se ne avrà bisogno lei ci sarà. Viviamo in un momento storico in cui i giovani e gli adolescenti sono completamente in balìa di tendenze, solitudini, paure, angosce, come mai è avvenuto prima. La socialità di un bambino dipende dal suo entourage, da come gli adulti del suo clan interagiscono con il mondo esterno.

Spesso incontro ai giardini mamme che si stupiscono del fatto che i loro figli non si siano fatti degli amici a scuola, o che comunichino tra di loro spesso in maniera violenta, verbalmente e fisicamente, mentre una volta ‘erano tanto carini e gentili’. Io mi stupisco del fatto che i genitori accettino questo spegnimento dei sentimenti di amore ed empatia del loro bambino come qualcosa di ineluttabile.

In questi anni, grazie al fatto che passiamo molto tempo fuori casa, tra parchi cittadini, uscite e attività, abbiamo avuto la possibilità di costruire una cerchia di amici ormai consolidata, costituita non solo dai bambini, ma anche dalle loro famiglie.

Da quattro anni ormai incontriamo quotidianamente la nostra piccola comunità, che tra l'altro è per ora interamente costituita da ‘schooler’, anche se per fortuna a tempo parziale, e quindi possiamo senz'altro affermare di non sentirci isolati”

 

 

D: - Quali ostacoli oggettivi incontri più frequentemente sia te come madre che Federica come figlia?

 

“La verità? Nessun ostacolo in particolare. O forse noi non li vediamo come tali. Viviamo in un paese molto burocratizzato, questo rende ogni pratica complicata e noiosa, occorre essere bene informati, soprattutto dal punto di vista giuridico, e certo abbiamo la tendenza a sentire l'obbligo di essere ‘sempre sul pezzo’, di non farsi cogliere mai impreparati. Personalmente però negli ‘altri’ ho sempre riscontrato curiosità e anche ammirazione. I sentimenti come l'invidia e il risentimento di solito si limitano ai social, dal vivo la gente vera è più serena. Mia figlia non penso abbia mai riscontrato ostacoli fin d'ora, vedremo il prossimo anno con l'esame”

 

 

D: - Quale è il punto di vista e il vissuto di tua figlia, protagonista centrale di tale scelta?

 

“Racconterò a tal proposito un aneddoto che ho trovato significativo: a gennaio, mentre preparavo la lettera per l'EP e tutti i nostri amichetti si iscrivevano a scuola, durante il pranzo, in preda a qualche dubbio le chiedo: -Tutti i tuoi amichetti l'anno prossimo andranno a scuola, alcuni saranno anche in classe insieme, sei sicura di non voler andare anche tu?- (ahimé  forse in quelle settimane glielo avevo già chiesto, giusto per essere sicura). Lei serafica mi risponde:  -Mamma, devi smettere di preoccuparti per quello che ti dicono gli altri, che devo mangiare la frutta, che devo andare a scuola. La cosa importante è che io sia felice, e io sono felice se faccio scuola a casa con te-

Arrivato, forte e chiaro”

 

 

D: - Quali vantaggi esperienziali  state verificando in seguito a questa scelta?

 

“In ordine di importanza direi che il primo vantaggio è quello di un amore incondizionato che ha la possibilità di alimentarsi ogni giorno. L'amore è una piantina, ha bisogno di cure costanti. Non ho mai creduto al concetto di 'tempo di qualità’. Mio marito ed io abbiamo studiato insieme, lavorato insieme e ora cresciamo insieme nostra figlia, ci hanno sempre fatto sorridere le coppie che ci dicevano ‘ma come fate a stare insieme tutto il giorno?’

Ci chiedevamo come facessero LORO a vedersi a malapena la sera, o nei week-end.

Per crescere insieme è necessario stare insieme.

Ciò non implica che ciascuno non abbia i propri interessi da coltivare o i propri momenti di solitudine o da condividere con altri, anzi.

L'altro aspetto è quello del rispetto della fisiologia dei bambini. Stern dice in un'intervista: ‘siamo l'unica specie a svegliare i propri cuccioli’. Ad alcuni può sembrare una sciocchezza, oppure un ‘preludio necessario alla vita’, che dev'essere poi basata sul sacrificio, sugli artigli affilati che ‘sennò poi come fa poverina!’

Ecco noi abbiamo deciso di smettere di vivere nella giungla innaturale che l'uomo si è creato. Noi speriamo che questa educazione alla felicità insegni a nostra figlia che quello è l'obiettivo supremo da raggiungere.

Ultimo ma non certo in ordine di importanza è la capacità di nostra figlia di interagire con il mondo in maniera del tutto istintiva ed empatica. Di relazionarsi con persone di ogni età con gentilezza e rispetto, di riuscire a fare lasciare ad un'adolescente il proprio cellulare per giocare con lei all'elastico, come in una cartolina degli anni 70, senza timore di essere allontanata o derisa.

Cos'altro si può chiedere di più?”

 

 

D: - Osservando e soprattutto sperimentando in vivo tale percorso, vedi anche dei possibili limiti e punti critici su precisi aspetti? Se sì, cosa cambieresti o miglioreresti

 

“L'EP è in continua crescita. Come al solito le Istituzioni non riescono a stare al passo con i tempi.

La maggior parte degli addetti ai lavori mi chiede ancora se non è illegale.

C'è molta moltissima ignoranza in merito, cui si aggiunge un certo regime del terrore (‘è dura, magari non hai abbastanza competenze’, ’ma poi non ti stuferai a stare con lei tutto il giorno?’, ‘E se poi non impara niente?' 'E se poi non entra nel mondo del lavoro?’... etc.), e questo fa si che molti genitori, se non davvero convinti, demordano.

Per fortuna la rete, virtuale e non, sopperisce a questa carenza. E' un fatto però che viviamo dal punto di vista dei diritti per esempio, piuttosto ai margini. La normativa è piuttosto nebulosa e come sempre si presta a variazioni sul tema da parte di dirigenti ed insegnanti.

La collaborazione con le scuole è spesso pressoché nulla se non addirittura una belligeranza. Molti genitori sono costretti ad un continuo tira e molla di Pec e raccomandate con le scuole anche solo per assistere agli esami dei propri figli (in qualità di insegnanti ne hanno pieno diritto e ricordiamo che per le elementari si parla di bambini davvero piccoli).

Inoltre c'è un assoluto vuoto normativo per quanto riguarda la materia fiscale. I genitori non possono scaricare niente di ciò che investono per l'educazione dei propri figli, e credo che questo sarebbe un primo passo verso un riconoscimento attivo.

Occorre sfatare la credenza che le famiglie che fanno EP siano ricche o privilegiate.  Non è quasi mai così, di solito sono famiglie che sacrificano (nel senso letterale del termine) il proprio tempo, scelgono di lavorare meno, ergo di guadagnare di meno ma anche di sperperare di meno, per il benessere psico-fisico del proprio figlio. Conosco famiglie con tre, quattro, cinque figli, che hanno fatto questa scelta, senza essere ricchi in termini economici.

Se posso permettermi un piccolo sfogo, l'unico commento che un po' mi urta è: ‘beata te che puoi stare a casa senza lavorare!’ Detto da persone che non mi conoscono affatto!

Molte mamme come me lavorano da casa, magari in orari improbabili pur di stare con i loro pargoli, e non sono affatto beate, non nel senso sarcastico utilizzato in questa sede.

Siamo famiglie che hanno scelto così, con i pro e i contro ma anche senza se e senza ma, come dice un bellissimo libro.

Del resto, come sempre, la vita è una questione di scelte”

 

 

CONCLUSIONI

 

Nuccio:

“Maura ti ringrazio per aver reso disponibile e pubblica la tua preziosa testimonianza. Con questo contributo intendiamo nel nostro piccolo divulgare la conoscenza su un tema ancora troppo soggetto a ingiuste critiche e immeritati preconcetti da sfatare.

Lasciami inviare un saluto speciale a Federica, grazie alla quale ora so come è fatta una homeschooler o unschooler (che dir si voglia), e devo dire che non si distingue visivamente affatto dagli altri bambini e bambine! Solo un aspetto mi è parso marcatamente visibile: la sua capacità di accogliere il prossimo e di essere apertamente curiosa e ricettiva. Sei una mamma fortunata, nella stessa misura con cui lei è una figlia fortunata ad avere voi come genitori.

Ancora grazie. Alla prossima”

 

Maura:

“Grazie a te per questa opportunità di divulgazione. A presto”

 

 

dott. Nuccio Salis

(pedagogista clinico, counselor socioeducativo, formatore analitico-transazionale)

 

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